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L’ Iran attraverso gli occhi di Francesco Ciprian

 

“Ovunque in Iran c’è sempre una porta di casa disposta ad aprirsi e accogliere qualche viandante come me”.

Questa frase, tratta da “La realtà che noi chiamiamo mondo”, il nuovo libro di Francesco Ciprian, illustra con mirabile sintesi una delle principali caratteristiche del popolo iraniano: l’ospitalità.
Francesco ha percorso circa 2500 km sulla sua bicicletta nell’agosto del 2017 attraverso le strade dell’Iran, chiedendosi e chiedendo alle persone che incontrava nel suo viaggio cosa sia la “realtà” e come nasca e si formi in noi la percezione del mondo in cui viviamo.
Dalla premessa dello stesso autore leggiamo: “Riguardo l’Iran ricevo parole confuse, pronunciate da chi, all’interno di quei confini, non vi è mai stato. Informazioni poco concrete arrivano da ogni dove, televisione, amici, internet, bar. Convinto come sempre di dover credere ai miei occhi e a tutti i sensi, sono partito con una domanda ben chiara in testa. Cos’è la realtà che noi chiamiamo mondo? Una questione che sapevo mi avrebbe aiutato a riflettere sul come costruirsi il proprio pezzo di infinito, quaggiù. Ho posto la stessa domanda ad ogni persona incontrata lungo la strada, a chi mi ha aperto la porta di casa, a chi mi ha aiutato in qualche momento di difficoltà, a chi ha voluto fermarsi e condividere una parte di sé con semplicità.
E grazie a questo interrogativo e a questo modo originale e faticoso di cercare di ottenere risposte ne è nato un piacevolissimo racconto, che non è solo la cronaca di un viaggio, non è assolutamente la descrizione turistica di un itinerario, ma è la narrazione di un incontro con uno dei popoli più ospitali e calorosi del mondo. Un popolo ricco di tradizioni e cultura, la cui storia recente lo ha portato alla ribalta delle cronache per le pesanti questioni politiche e religiose che lo contraddistinguono.
Per consentirci di comprendere al meglio, Francesco arricchisce il racconto con molti spunti storici, religiosi e culturali in genere, che sicuramente riescono ad aprire gli occhi a noi occidentali sulle motivazioni che hanno trascinato questo popolo in un regime dittatoriale/religioso molto conservatore, violento e repressivo.
E così, dalle parole di uno dei tanti iraniani incontrati e che gli hanno aperto casa e cuore, sentiamo raccontare: “Abbiamo fatto un grande errore in passato, abbiamo cacciato lo scià. Non ce ne siamo resi conto subito, abbiamo fatto la rivoluzione per esprimere tutto il nostro dissenso e il rifiuto nei confronti di una dittatura, senza renderci conto che stavamo per entrare in un’altra forma dittatoriale. Quando lo abbiamo capito, ormai era troppo tardi”.

 

 

 

 

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