Descrizione
Perché leggerlo?
Perché è un bel romanzo. Un romanzo di formazione. Un romanzo di crescita interiore.
Ariel, il protagonista del romanzo e alter-ego dello stesso autore, è un pediatra, cooperante triestino a Maputo, capitale del Mozambico. Siamo nel 1985, pochi anni dopo l’indipendenza del Paese dal colonialismo portoghese.
Il contatto con la guerra, la miseria e la malattia, ma anche con la cordialità dei mozambicani e il sorriso raggiante dei loro bambini, diventa stimolo alla sua rinascita interiore e alla ricerca di pace e saggezza da cui gli uomini e le loro divinità gli sembrano così lontani.
Ne consegue un viaggio interiore tra amori passati e presenti, dalla ricerca dell’infanzia nel paese in cui è nato, Israele, fino alla fascinazione nella saggezza orientale a cui giunge attraverso l’amore per Suyen, una misteriosa cinese incontrata a Maputo ed a lungo ricercata.
L’Autore tesse un intreccio tra eventi autobiografici e di fantasia, legati in particolare alla sua visione pessimistica sulla natura dell’uomo e della sua “dipendenza” da un Dio che gli appare indifferente alla sofferenza umana: «Tra i Dieci Comandamenti, si è dimenticato di vietare la guerra…». L’autore intravede nella visione orientale, unitaria e non antropocentrica, una possibile, anche se difficile, risposta all’esigenza di pace e solidarietà che permea le pagine del romanzo.
«Vedi Ariel, tutto è sacro dentro e fuori di noi. Il senso sacrale della vita… ecco quello a cui aspiro. Non la sacralità di dogmi, culti e cerimonie…».
«Mi ero concesso anche l’ultimo incontro con la coraggiosa rassegnazione delle madri e la fulgida luce degli occhi dei bambini, centinaia di fari ad illuminare l’oscurità del mondo e a indicare la strada».